Per chi tra gli anni Novanta ed i primi Duemila è cresciuto a pane e serie tv, il sequel di Bayside School e di Sex And the City ed il remake di Willy Il Principe di Bel-Air avranno fatto storcere il naso. E’ una storia che si ripete, d’altra parte: in anni in cui la televisione sta facendo fatica non solo a proporre, ma ad imporre nuovi titoli, si punta sempre di più sull’usato sicuro.
Ma i Bayside School e Bel-Air che sono giunti da poco anche in Italia su Now, grazie all’inserimento del catalogo di Peacock, ed And Just Like That (anch’esso su Now) hanno cercato da subito non solo di evocare un passato che crea nostalgia, ma anche di aggiornarsi ad un presente che necessita di maggiori consapevolezze.
A ben pensarci, queste tre nuove serie -per quanto differenti nel loro sviluppo- sono molto simili per temi trattati. Se in Bayside School c’è il rispetto del formato originale, ovvero la comedy, in Bel-Air si è rischiato di più trasformando una sit-com in un drama, tutti e due i progetti cercano ostinatamente di guardare alla società contemporanea.
E come lo fanno? Affrontando quelli che negli Stati Uniti (e non solo) continuano ad essere argomenti capaci di smuovere l’opinione pubblica. In primis il divario ancora troppo presente tra ricchi e poveri: in Bayside School i nuovi protagonisti sono costretti a trasferirsi nella scuola più prestigiosa della California dopo che il Governatore Zack Morris (sì, il protagonista della serie originale, sempre interpretato da Mark-Paul Gosselaar) ha chiuso quella che frequentavano a causa di un taglio di budget. In Bel-Air, invece, il “nuovo” Will (Jabari Banks) deve vedersela con una nuova scuola privata di lusso e, soprattutto, con la diffidenza del cugino Carlton (Olly Sholotan), che non lo considera all’altezza delle sue frequentazioni.
E’ interessante notare con queste due serie abbiano messo in atto un’operazione di “aggiornamento” al formato originale, senza però tradirne il contenuto: l’idea, insomma, è catturare il pubblico curioso di fare l’inevitabile confronto con quanto raccontato una trentina di anni fa, ma non dimenticandosi di quello di oggi, che forse ha solo sentito nominare vagamente queste serie storiche senza mai vederle. Ma, soprattutto, c’è un tentativo di giustificare questi progetti.
Un po’ come è stato fatto anche con And Just Like That, attesissimo sequel di Sex and the City che ha sfruttato l’affetto del pubblico verso personaggi diventati iconici per affrontare le relazioni di oggi tra l loro mille sfumature, occupando di gender fluid, di genitorialità e di relazioni dopo gli -anta. Ed anche in quel caso, lo spaesamento del pubblico si è fatto sentire, eccome. Perché, diciamocelo, quando si parla di sequel e di remake o reboot, ormai la prima cosa che si pensa è “Ma basta!”. In effetti, l’industria televisiva statunitense ha un po’ esagerato, ritrovandosi a raccontare il presente con degli strumenti del passato.
L’unico progetto che sembra averlo capito per tempo è stato il revival/sequel di Dexter che, senza stravolgere il proprio concept e senza introdurre forzatamente nuovi personaggi rappresentativi di nuove tematiche è arrivato ad un finale che ha semplicemente svolto il suo compito di resettare quello andato in onda otto anni prima e di fare, quindi, semplice intrattenimento.